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FUORI delle RIGHE

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Attirati dall’amore - Gv 3,13-17

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:  «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.  Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».


il Figlio dell’uomo

L’incontro con Nicodemo sembra continuare ma il dialogo diventa un monologo di Gesù, o forse una riflessione di Giovanni oppure di entrambi. Gesù parla di sé stesso come di un’altra persona, non dice “Io”, ma “Il Figlio dell'uomo”. È una espressione antica che troviamo spesso nella Scrittura per indicare l’essere umano come appartenente alla stirpe umana (cfr. Sal 8,5; 80,18; Ez 2,1; ecc.). Questa espressione, però, la ritroviamo nel profeta Daniele con una connotazione nuova (Dn 7,13-14): ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d'uomo. A questo Figlio dell’uomo apparso nel cielo gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto.
Gesù predilige definirsi Figlio dell’uomo perché insieme rivela la sua umanità e la sua messianicità. Qui sembra introdurre qualcosa di esclusivo che approfondisce l’immagine del profeta Daniele:  colui che sale al cielo ne  è anche disceso. Dice sant’Agostino: «Egli non abbandonò il cielo, quando di là discese fino a noi; e neppure si e allontanato da noi quando è nuovamente asceso al cielo».


bisogna che sia innalzato

Al povero Nicodemo, impastato di dottrine farisaiche che immaginavano il Messia come interprete autentico e inviato da Dio per far osservare la Legge,  Gesù fa memoria della storia di Israele perché in lui si dà compimento alle Scritture. Come il serpente innalzato nel deserto (Cfr. Num 21, 4-9) strappava alla morte gli ebrei avvelenati, così l’innalzamento del Figlio dell’uomo sarà segno di salvezza per coloro che credono.
“Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto” (Zc 12,10; Cfr. Gv 19,37)
La gratuità di uno sguardo si contrappone alla oppressione di una legge che pretende di interpretare la volontà divina. Oggi guardiamo con orrore al massacro nel mondo islamico come estrema conseguenza di una pretesa umana ma non ci manteniamo distanti se alla interpretazioni delle leggi, pur necessarie, non affianchiamo la gratuità dello sguardo misericordioso di Dio sull’uomo e lo sguardo di speranza dell’uomo verso Dio.               


chiunque crede in lui

Per due volte è affermata la necessità del “credere” per “avere” la vita eterna, in ambedue l’origine è il “dono” di Dio, prima raffigurato dall’innalzamento del Figlio dell’uomo, poi dall’amore di Dio che dona il Figlio unigenito. Per credere non c’è la necessità di aderire a qualche dottrina o partecipare di qualche organizzazione, neppure al culto, piuttosto una esigenza pressante di nutrire il cuore di amore, dare spessore all’esistenza, lasciarla dominare dalla gioia di aver trovato, fin da subito, la vita eterna. La Fede libera da ogni costrizione, dalla sottomissione pedissequa alla Legge, per riempire l’esistenza dello stesso amore di Dio: “ama e fa’ ciò che vuoi; sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene” (S. Agostino).
L’amore di Dio per il mondo non è raffigurato nel dono della vita eterna ad ogni uomo, ma dall’offerta del Padre all’umanità intera del suo Figlio unigenito. C’è dunque un passaggio, uno sguardo da incrociare, un riferimento imprescindibile: quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32).
Dobbiamo lasciarci attrarre dall’amore infinito del Crocifisso, amore che supera ogni misura perché il Figlio e il Padre esprimono nella comunione lo stesso amore per il mondo: Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono (Gv 8,28).


perché il mondo sia salvato

Il “mondo” è quello che non è stato capace di riconoscerlo (Gv 1,10; 15,18), quello che lo odia (Gv 7,7), a cui il Signore non appartiene (Gv 8,23; 18,36), eppure Dio lo ama e lo ama tanto.
Questo "mondo", profondamente ingiusto nelle sue codificazioni, nei confini che esasperano l’inimicizia, nelle religioni che giustificano la violenza, nell’economia che impoverisce i poveri e arricchisce i ricchi, nei poteri che alimentano l’odio ..., questo "mondo" Dio lo ama, e vi manda il Figlio suo quale prova suprema ed evidente di questo amore. Ecco, l'amore di Dio  visita il mondo, ne attraversa la storia, lo riempie e lo salva.

Se nel progetto di Dio è necessario che il Figlio dell’uomo sia innalzato, è altrettanto necessario che l’uomo creda in lui per non andare perduto: la salvezza di questo nostro mondo è totalmente compromessa con la nostra fede, con la volontà di lasciarci avvolgere dal suo amore e liberi da ogni altro compromesso, diventare capaci d’amore.